di M. Adinolfi La manifestazione convocata da Michele Serra mentre si dondolava sulla sua amaca in terrazzo si terrà il 15 marzo e sarà erroneamente intitolata “in piazza per l’Europa”. Poiché la piattaforma della manifestazione prevede il sostegno all’Ucraina contro quel mascalzone del presidente americano appena eletto che si permette di maltrattare l’autocrate di Kiev che ha cancellato le elezioni (e ti credo, leggo su Repubblica a pagina 6 che il suo consenso nel Paese è al 16%), propongo di correggere in corsa lo slogan della manifestazione: “in piazza per la guerra” aggiungerebbe chiarezza agli scopi dei proponenti. Perché questo voler “stare vicino come europei al valoroso popolo ucraino” (che per inciso non ne può più di finire al fronte e coglie ogni occasione per disertare) significa una cosa sola: far proseguire la guerra che Trump vuole far terminare, continuare a fornire armi europee a Kiev anche per colpire il territorio russo. Questo è ciò che ha fatto l’Europa negli ultimi tre anni e questo è il terreno di differenziazione da Trump. Manifestare “per l’Europa” contro Trump equivale a manifestare affinché la guerra in Ucraina continui rifiutando “ogni appeasement” come ha detto Mattarella a Marsiglia equiparando la Russia al Terzo Reich. Chi vuole la guerra va in piazza con Michele Serra. Tiè, c’è pure la rima.