di Mario Adinolfi
Il vertice di Londra con il premier inglese Starmer che abbraccia platealmente Zelensky, Macron che costruisce l’asse della sinistra liblab franco-britannica essendo ormai morituro l’altro protagonista del disastro europeo che è il cancelliere tedesco Scholz travolto alle elezioni, la Von der Leyen che vaneggia dicendo che grazie al supporto Ue l’Ucraina può diventare “un porcospino d’acciaio” ovviamente facendo partire una corsa al riarmo di tutti i Ventisette, infine lo schema di una “proposta di pace” che parte con un cessate il fuoco immediato di un mese e viene garantito poi dall’invio di soldati europei come truppe di interposizione, ebbene tutto questo è stato solo fumo negli occhi. Ha fatto bene a tenersi alla larga dai finti entusiasmi Giorgia Meloni, limitandosi a dichiararsi “dispiaciuta” per Zelensky e spiegando che senza o contro Trump la pace non si fa. Di più: si evidenzia come l’Europa in realtà non conta nulla.
Il pragmatismo di Giorgia Meloni ha però contorni di ambiguità che rischiano di essere molto dannosi per il nostro Paese. Non a caso Macron questa mattina in un’intervista al Foglio l’ha invitata a “mettersi sulla scia di Draghi”. In effetti fino ad oggi la Meloni sulla questione russo-ucraina è stata una Draghi in gonnella, anche se alle elezioni del settembre 2022 è stata voluta dalla maggioranza degli italiani a Palazzo Chigi solo perché era stata la sua unica opposizione. Macron sa che il mondo è cambiato e oggi, nel marzo 2025, la Meloni vuole continuare a essere una Draghi in gonnella? È nell’interesse dell’Italia?
Macron sa bene che la mossa della leadership del nostro Paese in questa partita può essere decisiva e così va letto l’invito diramato oggi tramite il Foglio. Ma Draghi ha sbagliato tutto, il suo discorso all’Onu sette mesi dopo l’inizio della guerra in cui disse che “le sanzioni hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa e sulla sua economia” con tanto di previsione di un collasso di Mosca con una contrazione del Pil del 10% in due anni è il paradigma di come si mente, contiene solo bugie. Giorgia Meloni dovrebbe riascoltarselo ogni giorno per capire quanto rapidamente deve rispedire al mittente l’invito di Macron. C’è stato un solo “effetto dirompente” dello stare “nella scia di Draghi” e si è visto sulla nostra economia, non su quella russa che per inciso è cresciuta del 3.6% nel 2023 (in Italia dello 0.9%) e del 4.1% nel 2024 (in Italia dello 0.5%), con il tasso di disoccupazione al minimo storico: 2.3%.
Date queste premesse, mi permetto di rivolgere al presidente del Consiglio italiano tre consigli di immediata applicazione.
1. A Macron bisogna rispondere ufficialmente e pubblicamente con un “grazie, ma no grazie”, per rubare il titolo alla canzone di Willy Peyote a Sanremo. So che la Meloni ha subito il fascino di Draghi ed è rimasta nella sua scia in questi anni per farsi accettare nel consesso europeo e internazionale. Ora non ne ha più bisogno e nel momento in cui la storia sta marciando a tappe forzate con una velocità mai vista e terremoti continui, meglio stare più lontani possibile dall’asse franco-britannico che produrrà solo macerie. Dica subito no ai loro folli piani di riarmo, che si attagliano forse alla loro condizione perché Francia e Regno Unito sono potenze atomiche, ma per noi andare anche solo al 2.5% di spesa per armamenti comporta una spesa di 20 miliardi di euro in più all’anno che non solo è insostenibile ma non modificherebbe in nulla la fragilità del nostro apparato di difesa in caso di conflitto. Il nostro interesse è solo che un conflitto non ci sia e, nel caso estremo, a ripararci sotto l’ombrello americano. Meloni deve distaccarsi platealmente da Macron, Starmer e Von der Leyen dicendo chiaramente che ritiene prioritaria per l’interesse del nostro Paese la fine della guerra in Ucraina e del conseguente impegno con nostre spese e nostre armi. Contemporaneamente deve dichiarare che cessano le sanzioni alla Russia poste dal governo Draghi, visto che sono sanzioni inefficaci che limitano solo i rapporti delle nostre imprese con Mosca, danneggiando la nostra bilancia commerciale e la nostra bolletta energetica.
2. A Trump bisogna assicurare un sostegno esplicito spiegando bene che in cambio l’Italia pretende di essere esentata dalla corsa al riarmo ed esclusa da qualsiasi apposizione di dazi alle nostre imprese. Giorgia Meloni sa bene che il prossimo atto di Trump conseguente a quanto dichiarato saranno i dazi doganali al 25% sulle merci europee, raramente il presidente americano non fa quello che annuncia, è solo questione di tempo. Meloni deve anticipare la mossa perché la stagione dei dazi può essere di interesse stavolta veramente dirompente per la nostra economia se l’Italia potesse ottenere un trattamento di vantaggio: le nostre imprese opererebbero dunque da favorite nel mercato globale. Oggi è una condizione che si può ottenere, trattandola direttamente con la Casa Bianca.
3. Ai partners europei Giorgia Meloni deve dire la dura verità, pubblicamente: ogni “piano di pace” o anche solo di “tregua per un mese” avanzata da francesi e inglesi ha un piccolo problema alla base. Non tiene conto che deve essere accettata dai russi. E secondo Starmer e Macron, Putin accetterà mai una proposta europea sapendo che Trump ha scaricato Zelensky? Meloni può costringere l’Europa a un bagno di realtà, mettendo sul tavolo un progetto di rafforzamento del Vecchio Continente alternativo che altro non è se non il sogno di San Giovanni Paolo II: un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali, che dunque abbandoni subito ogni russofobia e lavori per riannodare i fili spezzati con Mosca, che passano anche da gasdotti e oleodotti. Meloni deve proporre all’Europa un cambio di orizzonte e la storia la mette nelle condizioni di farlo, coinvolgendo direttamente Putin nelle trattative per arrivare dunque realisticamente ad un piano di pace che sia accettabile per tutte le parti in causa, in collaborazione e non in concorrenza conflittuale con l’azione della Casa Bianca.
Questi tre consigli, se seguiti, porranno Giorgia Meloni immediatamente fuori dalla “scia di Draghi”. Per lei, per l’Italia e alla fine anche per l’Europa sarà solo un bene, ci risparmierà una folle e insostenibile corsa al riarmo, trasformerà la stagione dei dazi da qualcosa da temere a opportunità da cogliere, garantirà una vera occasione di pace al popolo ucraino e di rinascita per i popoli europei. Servono solo parole chiare che ora Giorgia Meloni deve pronunciare.