Un piccolo contributo inviato al settimanale diocesano di Venezia Gente Veneta nella sezione Lettere, che ringrazio di aver pubblicato nel numero 7 del 18 febbraio 2022. Tema: denatalità, pandemia e pensioni
Sul gelo delle nascite e la pandemia
“Il tema dei pochi nati torna ciclicamente alla ribalta senza elementi che lascino intravvedere un cambio di tendenza. Non è storia recente ma di oltre 40 anni, con un ben definito punto di partenza: la legge 194/78 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Disattesa da sempre nella prima parte, questa legge ha in realtà promosso esclusivamente l’aborto fino all’attuale livello di ben 6 milioni di mancate nascite, delle quali oggi sentiamo una disperata mancanza. È arrivato il momento di fare verifica analizzando con onestà intellettuale gli effetti devastanti prodotti da questa legge, con il coraggio di ammettere il drammatico errore compiuto mascherato da sempre come un “diritto”, anche alla luce del recente arrivo sul mercato della pillola per abortire RU486, che scavalca di fatto ogni controllo e discernimento preventivo lasciando le sventurate donne (anche ragazzine, si badi bene!) ad abortire sole in casa propria. Oggi si rende ancora più inconsapevole la donna del figlio vivo che ha in grembo, evitando deliberatamente di costruire alternative che preservino la vita del concepito. La recente pandemia con le paure e incertezza che ha introdotto, è a malapena una foglia di fico sulla drammatica soppressione d’una intera generazione di figli dal 1978 ad oggi.
Incentivare la natalità
L’assegno unico parametrizzato secondo l’ISEE è uno strumento che non considera i figli come un valore per la società intera ma un mero costo da sostenere. Il valore di un figlio che nascerà, crescerà e contribuirà con tutto il suo essere al futuro di questo Paese, sarà forse diverso se generato da una coppia meno abbiente rispetto un’altra più facoltosa? Non siamo davanti ad una logica discriminatoria ed iniqua? Già nell’aprile 2019 il Popolo della Famiglia ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare denominata Reddito di Maternità per mettere al centro la cultura della vita e la dignità della donna madre. Essa prevede € 12.000 netti annui per i primi otto anni di vita del figlio, rinnovabili alla nascita di un altro figlio, vitalizi alla nascita del quarto figlio o di un figlio disabile, per un totale di almeno € 96.000 a favore delle donne che vogliono dedicarsi a tempo pieno nel ruolo di madre, riconoscendone economicamente il preziosissimo valore sociale indipendentemente dall’ISEE. Ad oggi questa proposta pronta per l’uso, messa a disposizione dei parlamentari eletti di qualsiasi orientamento politico senza rivendicare meriti pur di vederla quanto prima in commissione, è ancora ferma perchè ci sono altre priorità. Nel contempo continua a permanere l’ingrato stereotipo della casalinga classificata “donna di serie B” qualora si dedichi completamente alla famiglia.
Sul prolungamento dell’età lavorativa
Il prolungamento dell’età lavorativa per evitare il crollo del sistema pensionistico creerebbe solamente ulteriore divario sociale tra giovani e anziani. Infatti molti potenziali posti di lavoro per i giovani sono ancora occupati da coloro che dovrebbero andare in pensione. Ne consegue un posticipo obbligato del primo impiego a discapito della possibilità di crearsi un futuro lavorativo e familiare in una età dove le energie possono essere rivolte ai figli, portando freschezza, innovazione e audacia anche in campo professionale. Ma non finisce qui: con l’innalzamento dell’età per mettere su famiglia, aumenta il calo della fertilità perché l’orologio biologico certamente non si muove in funzione del sistema pensionistico o della prevedibile denatalità che ci siamo procurati nel tempo. Da qui lo scellerato sviluppo della fecondazione assistita e della compravendita di bambini tramite la tecnica dell’utero in affitto, veri e propri business sviluppati sulla pelle delle donne e che rendono il bambino non più un soggetto di diritto ma un oggetto comprabile a qualsiasi costo quando non può essere più concepito naturalmente.
Per i più lavoratori maturi, prolungare una carriera già vissuta non farebbe altro che aggravarne la qualità di vita, negando loro il meritato riposo e la possibilità di fare i nonni a tempo pieno (per i più fortunati). Per non parlare dei rischi sul lavoro determinati dalla stanchezza e il fisiologico calo di interesse e attenzione, nonché dall’incremento di spesa pubblica sanitaria per curare depressioni. Abbiamo già dimenticato gli effetti deleteri sulle persone che dovevano andare in pensione causati dalla manovra Fornero? Di tutte queste difficoltà se ne sono accorti perfino gli stranieri, sui quali alcune formazioni politiche speravano di far conto per sorreggere il carico previdenziale e portare nuove nascite a fronte di un lavoro nel nostro paese, soluzione dimostratasi fallimentare.
Come indicato da San Giovanni Paolo II ai membri della giunta del Consiglio della regione Lazio il 31 gennaio 1998, la famiglia è il prisma attraverso il quale considerare tutti i problemi sociali. Sono fortemente convinto che fino a quando la famiglia, cellula fondamentale della società, non sarà il punto d’origine di ogni scelta politica, non risolveremo mai quei problemi strutturali che stanno minando seriamente l’equilibrio tra le generazioni anziane ed il futuro dei nostri già pochi figli.”
Massimiliano Zannini – Coordinatore per la regione Veneto de Il Popolo della Famiglia
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