di Mario Adinolfi

Le “donne del Pd” hanno bloccato la partecipazione di Tony

Effe al concerto di Capodanno a Roma, il sindaco Gualtieri ha docilmente eseguito, per via dei messaggi “sessisti” contenuti nelle sue canzoni. Tutto il genere rap e trap è fondato su un sessismo estremo, i suoi campioni sono non a caso tutti maschi e nei video le donne sono spesso esposte come trofei che insieme ai catenoni d’oro, agli orologi e al cash dimostrano il grado di successo conseguito. I famosi “dissing” vedono da sempre e anche recentissimamente litigare cantanti rap e trap misurando la propria ricchezza e conseguente capacità di “farsi la tipa” dell’altro. La scusa di questi tizi è che si tratta solo di racconti (“storytelling”, dicono) e “frasi estrapolate dal contesto”. Ma è proprio il contesto a essere inascoltabile, è roba brutta, dimenticata e dimenticabile.

Ora, invece di fare gli schizzinosi con Tony Effe rischiando l’effetto di farne un martire e portarlo così in carrozza a vincere il festival di Sanremo, non sarà il caso di cominciare a dire che la trap non è musica ma solo una disastrosa moda, composta da un mix di inadeguatezza lessicale e tragica povertà artistica? Al prossimo festival di Sanremo parteciperanno undici rapper e trapper tutti senza distinzione sostenitori del libero consumo di droghe, uno dei quali ha in repertorio una canzone che così recita: “E adesso guido verso casa tua che vivi a Monza/ Pieno di cattive idee dettate da una sbronza/ Volevo abbassare le armi, ora dovrò spararti/ Non mi dire di calmarmi, è tardi stronza/ Fanculo al senso di colpa, non ci saranno sbocchi/ Voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi/ Io ci ho provato e tu mi hai detto no/ E ora con quella cornetta ti ci strozzerò”. No, non è Tony Effe e non è neanche Fedez, è un altro degli undici. Non è neanche importante indicarne il nome, divertitevi a scoprirlo. Quel che è importante è che “le donne del Pd” non hanno protestato, Gualtieri il chitarrista è rimasto muto, Conti il conduttore l’ha selezionato e premiato, il vertice Rai ha dato l’assenso, il governo che lo controlla ha taciuto. In questa drammatica epoca in cui il cantante ha successo perché non sa cantare e se non gli funziona l’autotune pare un’anatra strozzata, è che nessuno osa dire quel che c’è da dire: la trap è merda.

Servirebbe il Gaber di Quando è moda è moda, che cantava senza paura: “Sono diverso perché / quando è merda è merda / non ha importanza la specificazione”. Gaber inserì il brano nel suo disco Polli d’Allevamento e ci chiudeva l’omonimo spettacolo teatrale, provocando i giovani che lo andavano a sentire e ricevendo come risposta pesantissimi fischi, talvolta anche bulloni. Michele Serra dalle pagine dell’Unità lo contestava duramente, prova definitiva di quanto Gaber fosse nel giusto. Il problema è che oggi non c’è più Gaber ma c’è sempre Michele Serra. Non ci sono cioè quelli capaci di esporsi controvento a rischio di beccarsi in faccia i bulloni pur di difendere con nettezza una verità evidente, ma ci sono sempre le “donne del Pd” a provare a pulirsi la coscienza prendendo solo un lembo del problema e farne un capro espiatorio.

Anche oggi mi commenterete parlando di musica o di quanto sia da vecchi giudicare i gusti dei giovani. Pochi capiranno che il tema di questo articolo è il conformismo assoluto rispetto alle mode dominanti, con le conseguenti ipocrisie del caso, insieme all’assoluta assenza di voci intellettuali coraggiosamente alternative. Gualtieri si è persino “scusato” con Tony Effe per l’esclusione dal concerto di Roma e Tony Effe si è fatto buttare fuori senza reagire per non compromettere la partecipazione a Sanremo. Tutti attori e comprimari di una recita che pensa solo a salvaguardare interessi, mai la dimensione artistica o un’idea chiara che si vuole comunicare a rischio di rendersi impopolari presso il proprio stesso pubblico. Nel territorio della cultura popolare, da Pasolini a Gaber a Montanelli fino al ruolo fondamentale svolto dai cattolici, la critica alla contemporaneità ha svolto una funzione essenziale per la formazione intellettuale in particolare dei giovani. Oggi li si lascia a un conformismo privo di appigli salvifici, di voci realmente controcorrente, in una paura tremenda di finire isolati percepita da chi pure capisce che qualcosa non va, ma per non ritrovarsi solo finisce per zittirsi.

Gaber non a caso in Quando è moda è moda canta: sono diverso e certamente solo. La sorte dell’intellettuale vero è la solitudine ma al tempo del social obbligatorio e delle conseguenti canzoni cantate senza saper cantare, la solitudine è alla fine lo stigma peggiore, il prezzo che nessuno vuole pagare, meglio zittire le proprie idee. Meglio dire che si è vinto se Tony Effe salta un concerto marginale nella propria attività e meglio pure per Tony Effe stare zitto altrimenti salta la vetrina milionaria del festival di Sanremo. Così il teatrino può andare avanti tranquillo, ma è ospitato su una nave e se non si cambia rotta l’iceberg è lì dritto davanti a noi.

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