di M. Adinolfi Dopo dieci anni di guerra all’ideologia gender siamo arrivati a una sentenza in cui si stabilisce che per essere una donna bisogna essere nati donne. Vediamo ora se un’altra battaglia decennale quanto ovvia riusciamo a portarla a compimento: quella contro lo sfruttamento della donna nella pornografia. Spiego davvero da tanto tempo che il cosiddetto “sex working” (pornografia, prostituzione virtuale tramite siti come Onlyfans, prostituzione fisica) è luogo di sopraffazione dell’uomo sulla donna, oggettivamente violento e se il tema della violenza di genere va tanto di moda è incomprensibile come si possa essere contro il “patriarcato” e poi ritenere queste pratiche degradanti come non solo accettabili ma anzi da coprire con apposito codice Ateco. Persino le Iene si sono accorte della violenza intrinseca a quel mondo, di cui le donne sono vittime. Quando Malena l’ha denunciata l’hanno denigrata, dicendo che sputava nel piatto in cui aveva mangiato. Adesso arrivano queste immagini agghiaccianti che riguardano Rocco Siffredi, non so come si possa guardarle e restare indifferenti. Chi vende la propria più profonda intimità non è mai una persona libera, non c’è nessun “sex working”, prenderlo al culo non è un lavoro, è un’umiliazione cui ci si sottopone per bisogno e mai volentieri, è la forma più diffusa di sopraffazione violenta dell’uomo sulla donna. Chi lotta contro la violenza di genere dovrebbe avere questa come prima battaglia. Negli anni mi sono beccato gli insulti di Luxuria, di Siffredi e pure di Malena. Il tempo sta decidendo chi tra noi avesse ragione. Ora è tempo di battersi per fermare la violenza contro le donne insita in ogni forma di sex working a partire dalla pornografia. E chiudete subito per favore la cosiddetta Academy di Siffredi, guardate le immagini e ditemi se è accettabile che questo signore peraltro psicologicamente molto instabile circoli ancora liberamente.
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